Viva L'Italia! by Aldo Cazzullo

Viva L'Italia! by Aldo Cazzullo

autore:Aldo Cazzullo [Cazzullo, Aldo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Comparative Politics, Political Science
ISBN: 9788852017261
Google: 70KVARdCIbAC
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2010-11-30T23:00:00+00:00


l'ordine di non sparare: l'accordo tacito era di far tacere i cecchini, di non molestarci nelle pause tra i combattimenti. Quando riuscivamo a conquistare una trincea austriaca la trovavamo piena di sigarette, vino, pure cioccolata; i prigionieri ce la offrivano, noi avevamo la disposizione di rifiutare, si temeva una trappola, un avvelenamento; così si faceva assaggiare la cioccolata a un prigioniero, quindi si faceva a mezzo.» Poi era toccata a lui. «Gli austriaci si erano trincerati nel parco di una tenuta nobiliare. Assalto. Non arrivammo mai ai reticolati. Una mitragliatrice ci prende d'infilata - le mitragliatrici non si vedono mai, si sentono solo -, l'artiglieria aggiusta il tiro. Una granata uccide il comandante della compagnia, il tenente Occhipinti, e ferisce molti di noi. Muore il mio migliore amico, Ercolanoni, umbro come me. I compagni continuano a sparare, ma così si fanno individuare dagli austriaci. Ci tirano addosso come al tiro a segno. Il sottotenente sdraiato accanto a me ha una pallottola in fronte. Io ho schegge in tutto il corpo e una ferita di striscio all'orecchio sinistro, un centimetro più in là e sarei spacciato. Mi portano indietro a braccia, in un casolare. Poi all'ospedale da campo, quindi a Bologna, a Perugia. La mia guerra è finita. Il resto è un'idea sfumata di medicine, odore di disinfettante, letti bianchi, convalescenza. Ricordo bene i versi che studiavo a scuola da bambino, non ricordo nulla della malattia. La gamba destra mi fa ancora male. Non è mai guarita.» La guerra per Carlo Orelli era una croce di ferro, esposta in una teca, accanto al diploma di cavaliere di Vittorio Veneto con la firma di Saragat e a una vecchia tessera del Psi, ancora con falce e martello. «Sono sempre stato socialista. Nenniano. Del resto, sono un operaio: capotecnico dell'Atac in pensione. Avevo orrore per il fascismo. Ma sarei bugiardo se dicessi che sono stato un oppositore. Semplicemente, non ero d'accordo. Non ho mai preso la tessera, non ho mai preso botte. Sono inorridito quando a Roma arrivarono i tedeschi. Ma ero già nonno, cosa potevo fare?» «Dalla guerra non ho avuto alcun vantaggio. L'unica pensione che ricevo è quella dell'Atac. Ma non ho certo combattuto per un vantaggio, per nulla che non fosse il mio paese. E a Trieste alla fine ci siamo arrivati. Poi il mio paese pian piano si è dimenticato di noi. Un po' lo capisco, è passato così tanto tempo.» Sul comò c'era la foto dei suoi fratelli d'arme. «Di tutti questi ragazzi non è rimasto nessuno. Le cose sono così cambiate. C'è l'Europa, i nemici sono alleati, in Austria i miei nipoti vanno senza passaporto, a sciare. Qui alla Garbatella non c'è nessuno che ha l'età mia.» Non c'era nessuno in tutta Italia. Almeno così credevo. La storia dell'ultimo fante fu un successo. Il presidente Ciampi gli scrisse, lo invitò al Quirinale, gli diede la medaglia d'oro. Rai e Mediaset gli mandarono le telecamere a casa per intervistarlo. Altri giornali ripresero la sua storia. Un collega scrisse un libro su di lui.



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